La coltivazione dei funghi micorrizici è un argomento di grande interesse per due principali motivi:
- Le specie fungine più apprezzate e consumate rientrano in questa categoria
- La sensibilità a cambiamenti climatici ed ambientali ha contribuito al declino numerico di molte specie micorriziche, per cui una loro coltivazione potrebbe contribuire anche alla salvaguardia e conservazione dei ceppi spontanei.
I funghi sono degli organismi estremamente adattabili dal punto di vista nutrizionale, molte specie sono in grado di passare dal saprofitismo al parassitismo, o dalla simbiosi al saprofitismo, a seconda di quello che hanno a disposizione.
Ci sono funghi in grado di integrare la loro dieta prettamente lignicola nutrendosi di batteri e nematodi; molte specie dispongono di un ampio corredo enzimatico, attivato in vario modo a seconda della disponibilità di nutrienti.
In natura i funghi micorrizici dipendono dalla pianta ospite per quel che riguarda l'approvvigionamento di carboidrati, il fungo utilizza gli zuccheri semplici (glucosio, saccarosio, fruttosio), prodotti dalla pianta; sembra che la produzione di cellulasi e amilasi venga inibita nel momento in cui si stabilisce la simbiosi con la pianta ospite, ma possa riprendere nel momento in cui, in vitro, venga stimolata dalla presenza di glucosio nel terreno di coltura (simbiosi facoltativa).
Questa adattabilità ha già reso possibile la coltivazione industriale di un fungo ectomicorrizico, il Lyophyllum shijmei, in quanto alcuni ceppi sono in grado di utilizzare fonti di amido.
Per varie specie di tartufi sono in vendita piantine micorrizate, per Cantarellus cibarius e Lactarius deliciosus sono stati messi a punto dei particolari trattamenti della lettiera e del sottobosco atti a favorire lo sviluppo del micelio vegetativo e la fruttificazione (agroforestry).... in tutti questi casi non si può parlare di coltivazione vera e propria, in quanto lo sviluppo fungino rimane un evento spesso scarsamente “riproducibile”.
La coltivazione in coltura pura è ancora un traguardo molto lontano per molte specie fungine micorriziche, infatti, non tanto lo sviluppo vegetativo del micelio, ma la formazione di corpi fruttiferi (fertili) sembra essere legata non solo a particolari equilibri chimico-fisici, ma anche microbiologici.
Batteri appartenenti al genere Pseudomonas e/o dei loro sottoprodotti sembrano avere un ruolo molto importante nel passaggio di molte specie fungine (anche saprofite) dalla fase vegetativa a quella riproduttiva.
Riguardo alla Famiglia delle Boletaceae ci sono molti studi relativi alla fruttificazione in coltura pura di Suillus spp..
In uno studio di Yamanaka ed altri del 2000, il micelio di un ceppo di Boletus reticulatus, ha sviluppato corpi fruttiferi dopo circa 40 giorni dall'inoculo in terreno di coltura agarizzato .
I corpi fruttiferi erano differenziati in gambo e cappello, ma non avevano tubuli e pori, quindi erano sterili; la capacità di formare corpi fruttiferi di tale ceppo, diminuiva dopo un anno e mezzo dall'isolamento.
Il mantenimento di colture axeniche di funghi micorrizici è estremamente difficoltoso, tali colture necessitano infatti di continui trasferimenti e comunque, con il tempo, tendono a perdere la capacità di stabilire micorrize.
Una coltura pura di Hebeloma cylindrosporum era in grado di produrre corpi fruttiferi fertili, ma solo in presenza della pianta ospite, mentre in coltura liquida si sviluppavano corpi fruttiferi sterili, questo anche in assenza di uno shock termico (Debaud and Gay, 1987).
In un lavoro di McLaughling (Environmental control of fruit body development in Boletus rubellus in axenic culture. Mycologia 62:1970) Boletus rubinellus fruttificava facilmente in coltura pura. Tylopilus castaneiceps (Kikuchi 2009) formava corpi fruttiferi in terreno di coltura liquido e solido, anche in questo caso tale capacità veniva persa dopo un anno di conservazione del ceppo fungino.
Apici radicali micorrizati da micelio di Amanita sp.

In Cina la compagnia Jinghong Hongzhen Agricultural Sci-Tech Co. Ltd, ha focalizzato le proprie ricerche nella collezione, domesticazione e coltivazione delle specie fungine spontanee della Provincia dello Yunnan. Dal 2014 il team di ricercatori a cui fa capo il Prof. Kai-ping Ji, ha condotto numerosi esperimenti che hanno consentito di sviluppare, nel 2015, una coltivazione industriale di Phlebopus portentosus (Berk & Broome) Boedijn. Al momento la coltivazione di questo fungo occupa un’area di 4000 mq, con una capacità produttiva di 5000 bottiglie al giorno e una produzione, giornaliera, di 400 kg di Phlebopus portentosus, con una resa è stabile per tutto l’anno.
Kaiping Ji (Jinghong Hongzhen Agricultural Sci-Tech Co. Ltd, China)
In uno studio del 2011 pubblicato nella rivista Mycological Progress (Cultivation of Phlebopus portentosus in southern China, Volume 10, Issue 3 , pp 293–300) Kai-Ping Ji e i suoi collaboratori hanno isolato ceppi selvaggi di Phlebopus portentosus inoculandoli nel terreno sia in presenza che in assenza delle piante ospite; 20–30 giorni dopo l’inoculo non erano state evidenziate strutture micorriziche, anche se il micelio fungino colonizzava la superficie radicale delle piante. I risultati di questo studio mostravano che P. portentosus era un fungo saprotrofo, piuttosto che simbionte, per cui poteva essere tentata una sua coltivazione su larga scala. La tecnica descritta utilizzava suolo agricolo non sterilizzato contenuto in bottiglie di polipropilene o sacchi, “seminati” con inoculo fungino solido e incubati a temperatura ambiente. I primordi dei corpi fruttiferi comparivano 20-30 giorni dopo l’inoculo. I primordi si sviluppavano in funghi maturi in 5–6 giorni e raggiungevano un peso dai 20.0 ai 135.0 g. L’identità genetica dei funghi coltivati con la specie selvatica è stata confermata da analisi morfologiche e molecolari.
L’ “adattabilità” del trofismo di questo fungo è stata confermata anche da un altro studio del 2015 nel quale, oltre all’osservazione di strutture radicali simili a ectomicorrize, un anno dopo l’inoculo del micelio fungino in piante di Pinus, sono state condotte misurazioni di isotopi stabili in campioni naturali del fungo, che mostravano un pattern isotopico diverso da quello dei funghi saprofiti. The ectomycorrhizal status of a tropical black bolete, Phlebopus portentosus, assessed using mycorrhizal synthesis and isotopic analysis, Jaturong Kumla, Erik A. Hobbie. Nakarin Suwannarach, Saisamor Lumayong, Mycorrhyza 26/4), December 2015,
Phlebopus portentosus (Berk & Broome) Boedijn, boletacea strettamente correlata con i Boletus del gruppo edulis, si è quindi rivelato un fungo ectomicorrizico, in grado di produrre corpi fruttiferi anche in coltura, in assenza della pianta ospite.