C’era una volta:

funghi estinti o quasi...

 
 
Misterioso organismo preistorico identificato come un fungo gigante, dominava su tutte le forme di vita presenti sulla Terra.
                                                                       
Alcuni scienziati dell'Università di Chicago e il Museo Nazionale di Storia Naturale di Washington D.C. hanno prodotto nuove prove per far luce sulla misteriosa identità di uno dei più strani organismi mai vissuti... le loro analisi chimiche indicano che l'organismo era un fungo, chiamato Prototaxites, estintosi circa 350 milioni di anni fa.
Originariamente classificato come una conifera (da cui il nome), poi come un lichene, gli scienziati sono arrivati recentemente alla conclusione che si sia trattato di un fungo, un Protomycete.





















Il maxi-fungo formava "tronchi" di più di 20 piedi di altezza e rappresentava il più grande organismo della Terra in quel periodo.
All'inizio del Devoniano le piante vascolari non superavano i due metri di altezza, erano prive di foglie e legno; la terra era popolata da millepiedi, insetti privi di ali e vermi, non c'erano  animali vertebrati fuori dagli oceani.





A lato una sezione ben conservata
  del fossile che mostra una 
    struttura filamentosa con
 numerosi tubuli di piccole dimensioni, 
che differisce dalla struttura tipica 
delle piante vascolari.





Per comprendere la collocazione tassonomica di Prototaxites, Boyce e collaboratori hanno condotto  analisi isotopiche, andando a determinare il rapporto fra due forme comuni di carbonio: carbonio 12 e carbonio 13. Le piante essendo fotosintetiche, metabolizzano l' anidride carbonica, la loro composizione è quindi correlata con la composizione isotopica del biossido di carbonio nell'atmosfera.
Il gruppo di ricercatori ha analizzato le due varietà di isotopi di carbonio contenute in Prototaxites e nelle piante che vivevano nello stesso ambiente di circa 400 milioni di anni fa.
I campioni di una specie vegetale in un dato ambiente variano al massimo da 2 a 4 parti per mille nel rapporto C-12/C-13, in Prototaxites è stata rilevata  una differenza di 12 parti per mille; ciò sta a significare che tale organismo non era fotosintetico, autotrofo, cioè non era una pianta. Si trattava invece di un eterotrofo, un consumatore di materiale biologico prodotto da altri organismi; Prototaxites era grande, filamentoso ed eterotrofo... doveva essere un fungo.
Probabilmente cresceva come saprofita utilizzando scarti vegetali, ma traeva nutrimento anche da un tipo di terreno chiamato crosta cryptobiotica, che ora si trova principalmente nei deserti; il suolo Cryptobiotico contiene batteri (compresi cianobatteri), licheni, muschi, alghe verdi e microfunghi. 
Alcuni processi geologici possono alterare la composizione isotopica dei fossili, ma Boyce e i suoi colleghi hanno condotto test che escludono tale ipotesi.



























Per quanto riguarda il perché questi organismi bizzarri crebbero così tanto, si ritiene che probabilmente questo facilitava la dispersione delle spore in un’area più vasta, permettendo al fungo di colonizzare anche habitat paludosi distanti, che potrebbero essere stati irregolarmente distribuiti sul paesaggio.
Inoltre nei “semplici” ecosistemi del Devoniano nulla poteva impedire, sia a funghi che a piante, una lunga e cospicua crescita... gli erbivori non si erano ancora evoluti.







 













A differenza di molti funghi Prototaxites probabilmente aveva una struttura particolarmente resistente anche se, dopo '70 milioni di anni di dominio incontrastato, a causa dei cambiamenti climatici, questi giganti fungini si estinsero, lasciando spazio alle piante ad alto fusto che iniziavano ad evolversi e diversificarsi.












Laricifomes officinalis è un fungo lignicolo appartenente alla Famiglia delle Poliporacee; il suo sviluppo è legato alla presenza di antiche foreste di conifere, soprattutto Pseudotsuga e Larix. Come molti funghi lignicoli è possibile una sua coltivazione, ma i ceppi isolati in natura tendono facilmente a degenerare, per cui è necessario salvaguardare i funghi spontanei... tutelando il loro habitat naturale. 
E' un fungo praticamente estinto in Europa, mentre cresce ancora nelle foreste millenarie del nord America, dove viene “protetto” da specifiche leggi.
L'utilizzo di questo fungo in medicina risale all'antica Grecia. 
In un trattato di Dioscoride del 65 A.C. (De Materia Medica) viene indicato con il nome di Agarikon e ne viene consigliato l'utilizzo per la cura della tubercolosi. Gli indiani d'America lo usavano invece nella cura del vaiolo.
L'agarico bianco è un fungo di consistenza
fibrosa, sessile, tipicamente a zoccolo di 
cavallo, bianco-grigiastro. 
I tubuli biancastri si aprono, inferiormente,
con pori piccoli, arrotondati, color crema. 
Lignicolo, si sviluppa di preferenza 
sui tronchi di larice ed è perenne. 
Trova utilizzazione in farmacologia 
quale antisudorifico in sostituzione 
dell'atropina, non inibendo al pari di 
questa la secrezione salivare.
Il principio attivo è rappresentato 
principalmente dall'acido agarico o 
agaricina ad azione paralizzante a 
livello dei soli ricettori dei nervi 
colinergici simpatici. 



L’agaricina o acido agarico o agaricinico è un acido organico che si ottiene dalla carne del fungo per estrazione alcolica.
Nel Commentario della farmacopea Italiana (1897) di Icilio Guareschi (San Secondo Parmense 1847 - Torino 1918) leggiamo a proposito dell'agaricina: "L'agaricina presenta virtù antidrotica agendo localmente irritando ed assunta a grosse dosi per bocca produce il vomito e la diarrea. Limita la secrezione del sudore per un'azione paralizzante periferica. Si usa l'agaricina del commercio nei sudori profusi dei tisici e degli artritici a dosi di un cg., l'effetto si manifesta dopo sei ore circa”.

REDUVIASPORONITES

e la grande estinzione di massa del Permiano-Triassico




I Reduviasporonites erano sottili organismi che popolavano il nostro pianeta più di 250 milioni di anni fa appartenenti, probabilmente, ad una specie fungina che cresceva nel legno in decomposizione.
Inizialmente i ricercatori non erano certi se i Reduviasporonites fossero alghe o funghi, ma analizzando il rapporto carbonio azoto dei loro resti fossili sono state rilevate molteplici similitudini con le caratteristiche chimiche di odierne specie fungine.

I Reduviasporonites erano organismi che formavano microscopiche catene di cellule e vissero durante il Permiano-Triassico, prima dell'era dei dinosauri, quando sulla Terra c'era un unico grande continente chiamato Pangea. I resti geologici indicano che in questo periodo la terra sperimentò una catastrofe globale: flussi di lava basaltica vennero riversati sul continente da un punto della crosta terrestre in cui attualmente si trova la Siberia.

Più del 96% delle specie marine e il 70% di quelle terrestri si estinsero. Gli attuali reperti indicano che, al contrario di quanto si pensava inizialmente, anche la vegetazione della Pangea non sopravvisse e le foreste del mondo vennero distrutte.

I ritrovamenti geologici indicano che ci fu un massivo innalzamento nella popolazione di Reduviasporonites sulla Pangea alla fine del periodo Permiano, probabilmente in relazione alla presenza di grandi quantità di legno morto da decomporre.

Il Professor Mark Sephton, uno degli autori dello studio realizzato dal Dipartimento di Scienze della terra dell'Imperial College di Londra, afferma:

 "I nostri studi mostrano che né le piante né gli animali sopravvissero alle conseguenze di questa catastrofe globale. Ironicamente, le peggiori condizioni per le specie animali e vegetali fornirono le migliori condizioni possibili per la sopravvivenza e lo sviluppo dei funghi”.

Il team suggerisce che l'eruzione vulcanica che portò in superficie la lava basaltica, rilasciò gas tossici nell'aria: anidride carbonica, metano, ossidi di azoto e di zolfo. Tali gas ebbero il duplice effetto di produrre piogge acide e assottigliare lo strato di ozono; Il risultato fu la distruzione delle foreste, che fornirono sufficiente vegetazione marcescente per nutrire i Reduviasporonites, che proliferarono su tutta la Pangea.

I fossili ci mostrano organismi viventi, che formavano filamenti scuri, ramificati, costituiti da cellule (fino a 24 unità).

Un trio di scienziati dell'Università di Utrecht, Imperial College, e Università di California-Berkeley hanno recentemente notato che alcuni fossili di Reduviasporonites del Permiano-Triassico, rinvenuti in rocce delle Dolomiti, somigliavano molto a un fungo patogeno del genere Rhizoctonia.


Rhizoctonia solani:



Si tratta di un gruppo di funghi che si riproduce soprattutto in maniera vegetativa (per frammentazione), raramente per produzione di spore asessuali (conidi) o spore prodotte sessualmente per meiosi. Vive da saprofita nel suolo ma può attaccare piante di varie specie generando lesioni necrotiche sui tessuti. Quando le condizioni ambientali diventano avverse questi funghi producono delle strutture di resistenza chiamati sclerozi: fanno scorta di grassi e zuccheri, scuriscono la parete cellulare per proteggersi dalle radiazioni UV e... in questa forma attendono che le condizioni ambientali tornino favorevoli. Anche altre specie fungine producono sclerozi, ma a differenza di altri funghi, quelli di Rhizoctonia non producono scorze o strutture interne. Lo sclerozio è semplicemente un insieme di ife strettamente impacchettate, proprio il tipo di struttura che I ricercatori trovarono nelle rocce italiane della fine del Permiano.




Fossile di Reduviasporonites: quello che si pensa sia una struttura simile allo sclerozio di Rhizoctonia. 


Per la presenza di sclerozi nel terreno, i ricercatori hanno inoltre concluso che Reduviasporonites non fossero solo dei decompositori di legno morto.

I moderni Rhizoctonia spesso agiscono come patogeni facoltativi; possono crescere e vivere all'interno di alberi viventi in maniera “tranquilla”, tenuti sotto controllo dal sistema immunitario della pianta, mentre aspettano che si ammali o si indebolisca... a questo punto la attaccano. 

Per le attuali conoscenze non si può avere la certezza che i Reduviasporonites fossero gli antenati degli attuali Rhizoctonia, le similitudine osservate dai ricercatori potrebbero solo essere effetto di convergenza evolutiva, ovvero il fenomeno per cui specie diverse, che vivono in ambienti o nicchie ecologiche simili, essendo sottoposte alle stesse pressioni ambientali, si evolvono e sviluppano, per selezione naturale, determinate strutture o adattamenti che li portano ad avere caratteri comuni.